Mandorle, ottimo snack per favorire il senso di sazietà

Uno snack con 30-50 grammi di mandorle è in grado di modulare la risposta ormonale legata al senso di sazietà, favorendo un minor introito calorico nel corso dei pasti. Questi i risultati di uno studio australiano condotto su 140 adulti sovrappeso/obesi e pubblicato sull’European journal of nutrition.

Dopo un digiuno notturno di dieci ore, hanno consumato uno spuntino a base di mandorle o una barretta isocalorica ricca di carboidrati. Con prelievi di sangue prima dell’assunzione e 30, 60, 90, 120 minuti dopo, sono stati rilevati i livelli di ormoni correlati con la sensazione di sazietà. Un sottogruppo ha, poi, avuto accesso a un pasto a buffet per valutare il successivo apporto energetico.

I risultati rivelano che chi ha consumato lo snack con mandorle, presentava una migliore risposta del peptide C, correlato alla liberazione di insulina, livelli più elevati di polipeptide insulinotropico glucosio-dipendente (+18%), glucagone (+ 39% in più) e polipeptide pancreatico (+44%). Il glucagone, ricordiamo, invia segnali di sazietà al cervello, mentre il polipeptide pancreatico rallenta la digestione, riducendo così l’assunzione di cibo. A queste variazioni ormonali, nel sottogruppo cui è stato concesso di accedere al buffet, si è riscontrato un minor introito calorico (77 kcal) rispetto a chi aveva consumato lo snack a base di carboidrati, una differenza.

“Le mandorle sono ricche di proteine, fibre e acidi grassi insaturi, che possono contribuire alle loro proprietà sazianti”, commenta Sharayah Carter dell’ University of South Australia “Parliamo di piccoli cambiamenti che però potrebbero avere effetti clinici a lungo termine. I tassi di sovrappeso e obesità sono una delle principali preoccupazioni per la salute pubblica e la modulazione dell’appetito attraverso una migliore risposta ormonale potrebbe essere la chiave per favorire una migliore gestione del peso.

Più polifenoli da giovani, migliore sarà la salute cardiovascolare

I polifenoli sono composti bioattivi con proprietà antiossidanti e antinfiammatorie presenti in diversi alimenti di origine vegetale, principalmente in frutta, verdura, noci e olio d’oliva.

“A oggi, pochi studi sono stati condotti sugli effetti dei polifenoli in bambini e adolescenti, benché siamo tutti concordi su quanto sia critica questa fase della vita, nella quale è già possibile compromettere la salute cardiovascolare in età adulta”, spiega Rosa M. Lamuela, direttore dell’Istituto per la ricerca in nutrizione e sicurezza alimentare (INSA-UB), capo del gruppo di ricerca sugli antiossidanti naturali presso l’Università di Barcellona e coordinatrice dello studio.

I ricercatori hanno analizzato la quantità di polifenoli nelle urine di 1.326 adolescenti e, attraverso la valutazione di sette indicatori (Bmi, attività fisica, fumo, dieta, pressione sanguigna, colesterolo totale e glicemia) hanno costruito un indice di salute cardiovascolare (Cvh), incrociandolo con i livelli di polifenoli riscontrati nelle urine.

Dai risultati emerge che una maggiore escrezione urinaria di polifenoli (correlata ad una maggiore assunzione degli stessi) è linearmente associata a un indice totale di salute cardiovascolare più elevato negli adolescenti di età compresa tra 11 e 14 anni.

Saranno in ogni caso necessari ulteriori studi longitudinali e randomizzati per confermare la relazione causa/effetto riscontrata in questo studio.

Fonte: https://www.nutrientiesupplementi.it/attualita/item/2230-piu-polifenoli-da-giovani-migliore-sara-la-salute-cardiovascolare

Mirtillo e controllo della glicemia

“Ricchi di polifenoli con potente effetto antiossidante e antinfiammatorio, i mirtilli stanno catturando l’attenzione dei ricercatori in diversi ambiti clinici. Quello del diabete è sicuramente tra i più gettonati, al punto che di recente, un gruppo di scienziati dell’Università di Pelotas, nel sud est brasiliano, ha preso in esame, in una review pubblicata su Nutrition, metabolism and cardiovascular diseases, tutte le evidenze oggi disponibili per comprendere gli effetti di un consumo di mirtilli e mirtilli rossi su alcuni parametri glicemici in soggetti diabetici e non”.

Fonte: https://www.nutrientiesupplementi.it/attualita/item/1869-mirtilli-metanalisi-suggerisce-effetto-protettivo-sul-diabete

Holter pressorio

L’holter pressorio è un esame diagnostico non invasivo, indolore, che consente di misurare, a intervalli regolari, la pressione arteriosa durante una intera giornata e di registrarne i risultati; utilizza lo stesso principio della misurazione della pressione attraverso uno strumento chiamato sfigmomanometro.

L’holter pressorio è di fatto uno sfigmomanometro portatile di dimensioni ridotte, capace di funzionare in maniera autonoma dopo l’accensione iniziale. Consiste in una fascia gonfiabile (manicotto) collegata tramite un cavo di gomma a un piccolo misuratore che possiede una memoria interna in cui registra il risultato di ogni singola registrazione.

L’holter pressorio permette di verificare l’esistenza o di seguire nel tempo:

    • pressione alta (ipertensione arteriosa) instabile
    • pressione alta curata con farmaci
    • pressione alta da camice bianco, ossia di natura emotiva, causata dall’ansia o dall’agitazione dovuta alla esecuzione dell’esame
    • sintomi associati a sbalzi improvvisi e marcati della pressione arteriosa

ESAME

L’applicazione dell’holter pressorio, esame indolore e non invasivo, viene effettuata normalmente in Farmacia o in una struttura specialistica.

Lo strumento va tenuto per 24 ore e la pressione arteriosa viene registrata automaticamente ogni 30 minuti circa. È importante indossare abiti comodi e facili da sfilare e rimettere (maglie e maglioni).

In questo periodo è importante annotare in dettaglio ogni dato utile per l’interpretazione dell’esame come l’attività lavorativa, l’attività fisica, i disturbi percepiti, momenti particolari di stress, i pasti, il sonno, tutti associati ai relativi orari.

Trascorse le 24 ore il cardiologo valuta i dati e consegna i risultati (referto).

Non è prevista alcuna preparazione prima di sottoporsi all’indagine. Una volta applicato l’holter pressorio, però, è importante svolgere tutte le normali attività quotidiane, evitando attività fisiche intense (sport).

La persona dovrebbe restare ferma il più possibile nel momento in cui lo sfigmomanometro portatile effettua la misurazione della pressione arteriosa.

RISULTATI

I risultati dell’esame consentono al medico di avere un quadro preciso sulla presenza di eventuali modificazioni della pressione arteriosa nelle 24 ore.

Se i risultati confermano che la pressione arteriosa registrata è anormale, il medico può consigliare una cura o la ripetizione del controllo (monitoraggio) in maniera periodica.

FONTE: https://www.issalute.it/index.php/la-salute-dalla-a-alla-z-menu/h/holter-pressorio#link-approfondimento

INDOLO-3-CARBINOLO e COVID-19

Al momento, nonostante vi siano molte terapie sotto studio, non esiste un farmaco specifico efficace contro il Covid.  Sulla rivista “Cell death and disease” è stato pubblicato il 24 marzo uno studio nel quale si evidenzia la capacità dell’INDOLO-3-CARBINOLO (I3C) di inibire una classe di enzimi necessaria per l’uscita del Sars-CoV-2 dalle nostre cellule, facendo sì che il virus rimanga “intrappolato” nelle cellule infettate e non esca per infettare altre cellule e tessuti.

https://www.nature.com/articles/s41419-021-03513-1.pdf

Un gruppo di studio internazionale con a capo due ricercatori italiani, Giuseppe Novelli e Pier Paolo Pandolfi, è arrivato a promettenti risultati iniziali sull’attività dell’Indolo-3-carbinolo nell’impedire l’uscita del Sars-CoV-2 dalle cellule infette.

 L’indolo-3-carbinolo (I3C), è un composto naturale che si trova in alcune verdure  come broccoli, cavoli, cavolfiori e cavolini di Bruxelles. È attualmente oggetto di numerosi studi per verificare la sua attività come antitumorale, inoltre possiede spiccate proprietà antiossidanti oltre ad avere dimostrato efficacia contro il papilloma virus, seppur per adesso in vitro.

Il composto contenuto nelle verdure potrebbe diventare un buon alleato nella lotta contro il cancro, grazie alla sua capacità di contrastare gli effetti dannosi dell’oncogene WWP1.
Questa scoperta conferma l’importanza di introdurre nella dieta alimenti vegetali, come le verdure crucifere e dimostra che una dieta ad alto contenuto di vegetali e fibre apporti benefici alla salute.

Lo studio spiega come il Sars-CoV-2 utilizzi la classe di enzimi E3-ubiquitin ligasi per uscire dalle cellule infette per poi diffondersi al resto dell’organismo.

La presenza di questi enzimi è stata rilevata nei tessuti polmonari e in altri tessuti oggetto di infezione in pazienti Covid. In test condotti in vitro si è visto che l’indolo-3-carbinolo inibisce l’attività di questi enzimi rendendo di fatto impossibile l’uscita delle molecole di Sars-Cov-2 dalle cellule e la loro migrazione verso nuovi tessuti.

INDOLO-3-CARBINOLO: dove trovarlo E POSSIBILI EFFETTI COLLATERALI

Esistono integratori in commercio contenenti I3C oppure è possibile far preparare da farmacie specializzate in preparazioni galeniche come la nostra, capsule a base di indolo-3-carbinolo. E’ necessaria la presentazione di ricetta medica che indichi il dosaggio e la posologia da assumere.

Esistono anche possibili effetti collaterali dovuti all’abuso nell’assunzione di I3C quali effetti sulle concentrazioni ematiche di estrogeni, alterazioni ormonali con conseguenze  sul cognitivo, sul trofismo osseo, sull’assetto lipidico. È quindi importante rivolgersi ad un medico per valutare l’assunzione di tale sostanza.

Virus e sistema immunitario

virus sono microrganismi molto semplici, costituiti da una catena di DNA o RNA.  Possono modificare il loro assetto genetico, impedendo al sistema immunitario di riconoscerli e di intervenire in difesa con i meccanismi della memoria immunologica

La possibilità dei virus di essere pericolosi per l’uomo diminuisce in proporzione all’efficacia del sistema immunitario. Una vita frenetica, il non dormire a sufficienza, un’alimentazione poco attenta e le preoccupazioni causano una condizione di stress con aumento della produzione di adrenalina e cortisolo che diminuiscono   l’efficienza del nostro sistema immunitario.

Oltre a correggere uno stile di vita e un’alimentazione che possono nuocere al sistema immunitario, possiamo chiedere aiuto ad alcune sostanze che lo fortificano.

La Vitamina C è in grado di aiutare il sistema immunitario stimolando la produzione e la mobilitazione dei linfociti in caso di infezione e aumentando i livelli di interferone. E’ bene assumere Papaya fermentata o estratti di Rosa canina, entrambi ricchissimi di Vitamina C.

Molto utile nel combattere le infezioni virali è il Resveratrolo che blocca l’assemblaggio del genoma virale durante la fase di replicazione. Il Resveratrolo si trova  nella buccia dell’uva e negli estratti di una pianta asiatica (Polygonum Cuspidatum) . Le piante lo producono per difendersi dalle infezioni batteriche e virali.

Una sostanza molto utile è l’Echinacea (Tintura madre o capsule) una pianta originaria del Nordamerica che possiede un effetto immunostimolante ed equilibrante del sistema immunitario.

Anche la Vitamina D è in grado di modulare l’attività del sistema immunitario, stimolandola quando è necessario contrastare le infezioni e attenuandola quando è eccessiva e potrebbe causare malattie infiammatorie croniche o autoimmuni

Molto utile può essere preservare una corretta funzionalità intestinale. L’intestino è sede della più importante stazione immunitaria del corpo e quindi è importante assumere Probiotici e Prebiotici per migliorare l’equilibrio della flora batterica.

Menopausa. La camminata regolare di 40 minuti alleata del cuore

Una camminata di 40 minuti con regolarità e a passo medio-veloce è alleata del benessere del cuore in menopausa. Questa abitudine è infatti associata a una riduzione del 25% circa del rischio di insufficienza cardiaca (o scompenso cardiaco), una condizione in cui il cuore diventa troppo debole per pompare abbastanza sangue da soddisfare i bisogni del corpo. Il beneficio sembra essere indipendentemente dal peso corporeo o dall’esercizio svolto oltre alle camminate.

A evidenziarlo è uno studio condotto da Somwail Rasla, cardiologo al Saint Vincent Hospital che l’ha svolto durante la sua permanenza alla Brown University. La ricerca sarà presentata all’American College of Cardiology’s 67th Annual Scientific Session e ha analizzato le camminate a piedi e gli esiti in termini di salute relativi a 89.000 donne in un periodo di oltre 10 anni.

I dati sono tratti dalla Women’s Health Initiative, un ampio studio sulla salute delle donne, che ha raccolto informazioni sulle abitudini e la salute salute dal 1991 al 2005 di partecipanti che avevano tutte tra i 50 e i 79 anni al momento dell’inizio della ricerca. Gli studiosi hanno anche valutato il dispendio energetico complessivo delle donne mentre camminavano, tramite un calcolo noto come Metabolic Equivalent of Task (MET).

E’ emerso che quelle che facevano totalizzare i risultati migliori avevano il 25% in meno di probabilità di sviluppare insufficienza cardiaca rispetto a coloro che invece si collocavano al livello più basso. Frequenza, durata e velocità della camminata contribuivano in egual misura a questo beneficio complessivo. Le donne che camminavano almeno due volte alla settimana avevano un rischio di scompenso cardiaco inferiore del 20-25% rispetto a coloro che lo facevano meno frequentemente. Chi camminava per 40 minuti o più aveva un rischio inferiore del 21-25% rispetto a chi invece faceva passeggiate più brevi e anche il ritmo della camminata faceva la differenza.

Fonte: ANSA

Proteine sì o no ? Le raccomandazioni dei pediatri

I bambini di età inferiore ai 3 anni non devono superare il 12% di apporto proteico giornaliero. Dai 3 anni in poi, è bene rimanere nell’intervallo di riferimento 12-18% sulle calorie giornaliere. Il pericolo di un consumo eccessivo può portare a complicanze a livello renale, sovrappeso/obesità e modifiche dell’appetito.

Queste le raccomandazioni della Sipps (Società italiana di pediatria preventiva e sociale) per un corretto consumo di proteine, diramate nell’ambito del progetto di educazione nutrizionale Nutripiatto, in collaborazione con Nestlé.

Sono 5 le categorie alimentari considerate fonte primaria di proteine: carne, uova, pesce, legumi, latte e derivati. La giusta ripartizione nell’arco di una settimana, per soddisfare i fabbisogni nutrizionali, dovrebbe prevedere, secondo la Sipps, 4 porzioni di legumi, 4 di pesce, 1 uovo, 1 porzione di carne rossa, 2 porzioni di carne bianca e 2 porzioni di formaggio.

“È di estrema importanza prestare attenzione al nostro introito proteico e consumare una sola fonte primaria di proteine a ogni pasto, da scegliere, dunque, tra legumi, carne, pesce, uova o latte e derivati, ma mai combinandole nello stesso pasto”, sottolinea Giuseppe Di Mauro, presidente Sipps. “Troppo spesso si eccede nel consumo di proteine senza rendersene conto, come nel caso del panino con formaggio e prosciutto. Le proteine svolgono un ruolo di base nel mantenimento di un buono stato di salute pertanto, nel rispetto generale di sane abitudini alimentari, la costante attenzione alla frequenza di rotazione consigliata delle fonti proteiche, unitamente al consumo di porzioni equilibrate, è in grado di preservare e promuovere la salute dei nostri bambini.”

Le proteine, dopo l’acqua, costituiscono la parte maggiore dei tessuti per questo sono uno dei principali alimenti indispensabili nella dieta dell’uomo. Hanno una funzione prevalentemente plastica, garantendo sviluppo, conservazione e ripristino delle cellule e, in misura minore, energetica. In particolare, i fabbisogni proteici di bambini e adolescenti, tra 1 e 17 anni, sono calcolati per soddisfare le richieste necessarie per la crescita e per il mantenimento di una massa proteica in progressivo aumento.

“Le proteine non sono tutte uguali”, conclude Leo Venturelli, responsabile comunicazione Sipps. “Quelle di origine animale si definiscono complete, in quanto una singola porzione dell’alimento che le veicola è in grado di soddisfare pienamente il fabbisogno dell’organismo in termini proteici. Al contrario, le proteine derivanti da fonti vegetali quali i legumi si definiscono incomplete. In tal caso, una singola porzione non copre i fabbisogni proteici dell’organismo; per raggiungerli, è necessario consumare insieme un’altra fonte alimentare. Il classico consumo di pasta e fagioli è l’esempio principe di questo concetto: combinando le proteine dei legumi con i cereali la qualità proteica viene migliorata per via di una reciproca integrazione, permettendo di raggiungere il fabbisogno proteico ideale”.

 

FONTE: nutrientiesupplementi.it

Una sola notte insonne porta all’aumento della molecola dell’Alzheimer

Anche da giovani una sola notte di sonno persa potrebbe avere effetti sul cervello: infatti, è risultata legata all’aumento nel sangue della concentrazione della proteina ‘tau’ (una molecola tossica per il cervello se in grandi quantità e un possibile marcatore del rischio di malattia di Alzheimer nel sangue).

Lo rivela uno studio pilota pubblicato sulla rivista Neurology e condotto presso l’Università di Uppsala in Svezia coinvolgendo un gruppo di giovani maschi sani. “Molti di noi fanno esperienza di carenza di sonno almeno qualche volta nella propria vita, per svariati motivi che vanno dai disturbi del sonno da fuso orario (jet lag) o dal lavoro notturno e a turni, o per problemi di insonnia anche occasionale” – ha sottolineato l’autore del lavoro Jonathan Cedernaes.

“Il nostro studio esplorativo mostra che anche in individui giovani e sani, perdere una sola note di sonno aumenta la concentrazione di tau nel sangue, suggerendo che nel tempo, tale carenza di sonno potrebbe avere effetti negativi”. In questo studio il campione è stato tenuto nel laboratorio per diverse notti, in alcune delle quali era libero di dormire normalmente, in altre, invece, era tenuto sveglio in una stanza illuminata a leggere, vedere la TV e giocare.

Prelievi di sangue sono stati effettuati a più riprese testimoniando un aumento della concentrazione della proteina tau del 17% nelle notti insonni. Resta da capire se questo aumento sia duraturo nel tempo e se rifletta un aumento del rischio di ammalarsi di demenza, specie quando la mancanza di sonno è un’esperienza ricorrente nel tempo.

 

Fonte: ANSA

Quercetina, crescono le evidenze di protezione cardiovascolare

La quercetina, uno dei flavonoidi più comuni e presente in diverse piante e alimenti tra cui cipolle, , mele e vino rosso, è un efficace antipertensivo, in grado anche di aumentare il c-Hdl e diminuire i trigliceridi.

Il lavoro ha preso in esame ben 17 trial clinici, per un totale di circa un migliaio di partecipanti, tutti condotti al fine di valutare l’impatto della quercetina su alcuni indicatori di rischio cardio-metabolico quali ipertensione, dislipidemia e disglicemia.

“Esistono ormai diverse evidenze del fatto che l’integrazione con quercetina piuttosto che una dieta ricca di alimenti contenenti questo flavonoide apportino benefici in virtù di effetti anticoagulanti, antinfiammatori, antipertensivi e di miglioramenti dei profili glicemici e lipidici” sottolineano gli autori. “Tuttavia, i risultati degli studi sull’uomo non sono sempre coerenti e vi è carenza di metanalisi in quest’ambito. Il nostro lavoro ha voluto fornire una sorta di istantanea delle attuali conoscenze sugli effetti clinici della quercetina nei pazienti con malattia cardiovascolare e di offrire spunti per future raccomandazioni dietetiche”.

“Gli effetti favorevoli sulla pressione arteriosa da noi rilevati supportano l’uso della quercetina come terapia aggiuntiva nei pazienti con ipertensione” commentano gli autori. “I benefici risentono ovviamente della formulazione, del dosaggio e del periodo di assunzione. Le analisi per sottogruppi hanno mostrato chiari vantaggi per periodi di assunzione entro le otto settimane con dosaggi non inferiori a 100 g/die. I potenziali meccanismi in causa sono diversi. Alcuni ricercatori hanno proposto un’azione sul sistema renina-angiotensina piuttosto che sul sistema nervoso autonomo o, ancora, la sensibilizzazione della componente parasimpatica del baroriflesso nonché la riduzione della resistenza dei vasi sanguigni.

Sul fronte lipidi, sono emerse indicazioni interessanti per approfondimenti futuri. Si è infatti riscontrato che l’assunzione di quercetina per almeno otto settimane aumenta notevolmente i livelli di c-Hdl in media di 0,08 mmol/L mentre riduce quelli di Tg di 0,38 mmol/L, risultati che suggeriscono un beneficio clinico potenzialmente rilevante in caso di consumo giornaliero”.

In generale, non sono stati osservati importanti effetti collaterali legati all’uso di quercetina con l’auspicio conclusivo da parte degli autori che “quanto prima possano essere condotti trial clinici su ampia scala per arrivare a definire l’impatto a lungo termine del consumo di quercetina sulla prevenzione di eventi cardiovascolari.

 

FONTE: nutrientiesupplementi.it