Le promesse della curcumina come antitumorale

I benefici terapeutici della curcumina sono stati dimostrati in diverse malattie croniche, da quelle reumatiche a quelle infiammatorie, dalla sindrome metabolica alle epatopatie, all’obesità, alle malattie neurodegenerative e, soprattutto, in diversi tumori.

“Come risultato di una recente ricerca bibliografica, abbiamo trovato circa 5 mila articoli scientifici su curcumina e cancro negli ultimi 40 anni, con effetti anti-tumorali legati soprattutto alle sue proprietà antiossidanti e antinfiammatorie”, sottolineano gli autori Antonio Giordano e Giuseppina Tommonaro. “Il ruolo come agente antitumorale, da solo o in combinazione con altri farmaci, sembra legato all’azione esercitata su diverse vie di comunicazione intracellulare nonché su bersagli molecolari coinvolti nei processi di sviluppo di tumori quali quelli a mammella, polmone, pancreas, intestino e prostata. Nello specifico, la curcumina è in grado di modulare l’azione di fattori di crescita, citochine, fattori di trascrizione e geni che regolano proliferazione e apoptosi cellulare”.

Di recente la curcumina si è resa protagonista di diverse indagini. In uno studio clinico di fase I, è stata impiegata come monoterapia a somministrazione orale in 15 pazienti con carcinoma del colon-retto. Gli autori hanno riportato lo sviluppo di diarrea significativa in due pazienti mentre in altri due la malattia ha mostrato stabilità dopo due mesi di trattamento.

La curcumina è attualmente sotto indagine per l’impiego in monoterapia e in associazione con paclitaxel nel carcinoma mammario primario e metastatico, e, in confronto a placebo, per valutare la capacità di arresto della progressione del carcinoma prostatico localizzato a basso rischio.

In un altro studio clinico di fase II, la si sta valutando come adiuvante in pazienti con carcinoma cervicale avanzato e/o refrattario, carcinoma endometriale o sarcoma uterino trattati con un cocktail immunomodulante (vitamina D, Asa, ciclofosfamide e lansoprazolo), seguito da pembrolizumab combinato con radioterapia.

Tossicità e biodisponibilità

L’impiego di curcumina non è però immune da effetti collaterali, tra cui spiccano nausea, diarrea, cefalea e comparsa di feci gialle. Inoltre, rimane aperta la questione legata alla scarsa biodisponibilità dovuta a limitato assorbimento, rapido metabolismo ed eliminazione per via sistemica, che ne limita l’efficacia. Diverse ricerche sono state indirizzate allo sviluppo di sistemi innovativi di rilascio nel tentativo di migliorarne la farmacocinetica, a partire dalla messa a punto di analoghi a maggiore biodisponibilità, piuttosto che di sistemi di veicolazione tramite nanoparticelle.

A conclusione della review, gli autori ci tengano a ribadire come, allo stato attuale, siano comunque necessari ulteriori studi per validare la curcumina come efficace agente antitumorale.

FONTE: nutrientiesupplementi.it

Coronavirus di Wuhan

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I coronavirus sono una vasta famiglia di virus noti per causare malattie che vanno dal comune raffreddore a malattie più gravi come la sindrome respiratoria mediorientale (MERS) e la sindrome respiratoria acuta grave (SARS).

Il nuovo coronavirus nCoV-2019 noto come il Virus di Wuhan, è un nuovo ceppo di coronavirus che non è stato mai identificato prima nell’uomo.

Sintomi

I sintomi più comuni consistono in febbre, tosse secca, mal di gola, difficoltà respiratorie. Le informazioni attualmente disponibili suggeriscono che il virus possa causare sia una forma lieve, simil-influenzale, che una forma più grave di malattia. Nei casi più gravi, l’infezione può causare polmonite, sindrome respiratoria acuta grave, insufficienza renale e persino la morte.

 

Una forma inizialmente lieve può progredire in una forma grave, soprattutto in persone con condizioni cliniche croniche preesistenti, come ipertensione e altri problemi cardiovascolari, diabete, patologie epatiche e altre patologie respiratorie; anche le persone anziane potrebbero essere più suscettibili alle forme gravi.

Trattamento
Essendo una malattia nuova, ancora non esiste un vaccino. Non esiste un trattamento specifico per la malattia causata da un nuovo coronavirus. Il trattamento deve essere basato sui sintomi del paziente. La terapia di supporto può essere efficace.

Domande e risposte…

Gli uomini possono essere infettati da un nuovo coronavirus di origine animale?
Indagini dettagliate hanno scoperto che, in Cina nel 2002, SARS-CoV è stato trasmesso dagli zibetti agli uomini e, in Arabia Saudita nel 2012, MERS-CoV dai dromedari agli uomini. Numerosi coronavirus noti circolano in animali che non hanno ancora infettato esseri umani. Man mano che la sorveglianza migliora in tutto il mondo, è probabile che vengano identificati più coronavirus.

I coronavirus possono essere trasmessi da persona a persona?
Sì, alcuni coronavirus possono essere trasmessi da persona a persona, di solito dopo un contatto stretto con un paziente infetto, ad esempio tra familiari o in ambiente sanitario.

Esiste un vaccino per un nuovo coronavirus?
No, essendo una malattia nuova, ancora non esiste un vaccino e per realizzarne uno i tempi possono essere anche relativamente lunghi.

Esiste un trattamento per un nuovo coronavirus?
Non esiste un trattamento specifico per la malattia causata da un nuovo coronavirus. Il trattamento deve essere basato sui sintomi del paziente. La terapia di supporto può essere molto efficace.

Cosa posso fare per proteggermi?
Le raccomandazioni per ridurre l’esposizione e la trasmissione di una serie di malattie respiratorie comprendono il mantenimento dell’igiene delle mani (lavare spesso le mani con acqua e sapone o con soluzioni alcoliche) e delle vie respiratorie (starnutire o tossire in un fazzoletto o con il gomito flesso, gettare i fazzoletti utilizzati in un cestino chiuso immediatamente dopo l’uso e lavare le mani), pratiche alimentari sicure (evitare carne cruda o poco cotta, frutta o verdura non lavate e le bevande non imbottigliate) ed evitare il contatto ravvicinato, quando possibile, con chiunque mostri sintomi di malattie respiratorie come tosse e starnuti.

Quali sono i rischi di propagazione in Europa?
La valutazione del rischio da parte dell’OMS è considerata molto alta in Cina, alta a livello regionale e globale.

La probabilità di introduzione del virus nell’UE è considerata moderata da parte del Centro europeo per il controllo delle malattie (ECDC). In questa fase dell’epidemia in corso a Wuhan e nella provincia di Hubei in Cina, si possono verificare alcuni casi importati in Europa e di conseguenza una trasmissione locale (limitata). Un singolo caso rilevato in un Paese europeo non cambia il quadro complessivo della valutazione che resta di moderata probabilità di importazione di casi di 2019-nCoV nei Paesi europei (UE/EEA). Poiché a livello globale vengono segnalati sempre più casi, ciò aumenta anche la probabilità di casi sporadicamente importati anche nei Paesi europei (UE/EEA).

Come si contrae questo coronavirus?
La trasmissione da uomo a uomo è stata confermata, ma sono necessarie ulteriori informazioni per valutare la portata di questa modalità di trasmissione . La fonte dell’infezione non è nota e potrebbe essere ancora attiva. Pertanto, la probabilità di infezione per i viaggiatori in visita a Wuhan che hanno uno stretto contatto con individui sintomatici è considerata moderata.

Quale misura sanitaria specifica per i viaggiatori è stata avviata nel nostro Paese?
Tutti i voli da Wuhan sono stati cancellati. Le celebrazioni per il capodanno cinese a fine gennaio aumenteranno il volume dei viaggi da / verso la Cina e all’interno della Cina, aumentando così la probabilità di arrivo di casi nell’UE.

Su tutti i voli provenienti dalla Cina vengono effettuati controlli all’arrivo, che comprendono la misurazione della temperatura e la raccolta di informazioni dai cittadini.

Le indagini sull’epidemia sono in corso e poiché si tratta di una situazione emergente e in rapida evoluzione, le informazioni verranno aggiornate ogni volta che vi siano informazioni rilevanti .

È stato predisposto materiale informativo da affiggere negli aeroporti per informare i viaggiatori internazionali.

INTERVISTA AL Dott: Garofalo ALS Toscana.

Testo tratto dal sito del Ministero della salute www.salute.gov.it

Cioccolato… Benefici ed avvertenze

Il cioccolato va consumato sempre con una certa moderazione, soprattutto nei periodi di festa in cui si tende a mangiare in generale di più e piatti più elaborati. Tuttavia, il suo consumo può avere effetti positivi sulla salute grazie ad alcuni componenti particolari contenuti nella polvere di cacao.

Le due versioni più note sono il cioccolato fondente e quello al latte: nel primo caso l’ingrediente caratterizzante è il cacao in percentuale elevata. Il latte è assente ma la sua presenza distingue l’altra versione, quella al latte appunto, più ricca in generale di zuccheri, di proteine e di grassi totali (i grassi del latte infatti si aggiungono a quelli caratteristici del burro di cacao, ottenuto direttamente dalla spremitura del seme).

Nella varietà fondente la presenza di zucchero è più contenuta, a favore di una maggior contenuto di cacao che conferisce un sapore molto amaro e a volte astringente. Da un punto di vista energetico il cioccolato fondente apporta una quantità di calorie inferiore.

Il cacao, volendo parlare di alcuni effetti positivi sulla salute, è l’elemento che fa la differenza perché ricco di flavonoli, la cui attività in vitro e in vivo è oggi molto studiata. Una prima evidenza però è che la lavorazione che porta ad ottenere il prodotto-cioccolato può diminuire le quantità di tali molecole nel cacao, relativizzando i benefici ipotizzati.
Ai polifenoli e in particolari ai flavonoli che nel solo cacao – non lavorato – sono in quantità persino superiore a quelli del tè e caffè, si attribuiscono effetti antiossidanti e antinfiammatori. Molti autori sono concordi sulla necessità di effettuare studi meglio disegnati, nei quali, per esempio, si distingua secondo la tipologia di cioccolato consumato, ma la letteratura dà comunque evidenze di effetti positivi su alcune patologie cardiovascolari: la riduzione dell’ossidazione dei grassi nel sangue spiegherebbe la protezione dai danni da radicali liberi, verso vasi sanguinei e cuore.
Oltre al ruolo dei polifenoli, la composizione del cioccolato però è interessante per i valori di alcuni minerali (potassio e magnesio) che hanno un effetto positivo sul controllo della pressione; il cioccolato favorisce l’attività della serotonina, neurotrasmettitore con attività antidepressiva; mentre la teobromina e le piccole quantità di caffeina contenute possono dare sollievo al senso di stanchezza e di spossatezza (125g di cioccolato apporterebbero tanta caffeina quanto quella di una tazza di caffe).
Il consiglio è comunque quello di consumarlo in quantità moderata, nell’ambito di una dieta equilibrata e di uno stile di vita attivo, scegliendo preferibilmente cioccolato con alte quantità di cacao (dal 70% e oltre), abituandosi al sapore amaro per gradi.

Attenzione alla contemporanea assunzione di farmaci specifici: secondo Aifa, il contenuto in caffeina può potenziare l’effetto di alcuni stimolanti (metilfenidato), e ostacolare quello di sedativi-ipnotici (zolpidem). Infine, il cioccolato dovrebbe essere limitato anche in caso di assunzione di inibitori delle monoaminoossidasi, se usati come ansiolitici antidepressivi.

Articolo di Francesca De Vecchi

Cibi fermentati e probiotici. Morelli: «Devono diventare abitudine quotidiana»

Perché tanto interesse per i probiotici, i prebiotici, i postbiotici e i nuovi alimenti?

È questa la domanda che abbiamo posto a Lorenzo Morelli, Direttore DiSTAS dell’Università Cattolica del Sacro Cuore Piacenza – Cremona, in occasione della 10ª edizione del congresso Probiotics, prebiotics & new foods di Roma. Ecco cosa ci ha risposto.

 

Il legame tra artrosi e obesità scavalca le generazioni

Essere obesi non aumenta solo la probabilità di ammalarsi in prima persona di artrosi ma influenza anche il rischio per le generazioni future.
A dimostrare che il legame si trasmette a figli e nipoti è uno studio pubblicato sulla rivista Arthritis & Rheumatology. I ricercatori della Washington University School of Medicine di St. Louis hanno studiato 120 topi diventati obesi dopo essere stati nutriti con una dieta ricca di grassi e hanno scoperto che questi animali avevano un elevato rischio di artrosi, il tipo più comune di artrite. Sorprendentemente, hanno anche scoperto che la prole di questi topi, anche se nutrita con una dieta a basso contenuto di grassi, tendeva a guadagnare il 20% in più di peso ed erano a maggior rischio di artrosi rispetto alla progenie di topi che non avevano consumato una dieta ricca di grassi. Lo stesso valeva anche per la terza generazione, che aveva il 10% in più di peso.
“Le artriti stanno colpendo molte più persone rispetto al passato, oltre 250 milioni di persone in tutto il mondo, e questi risultati suggeriscono che l’obesità può aiutare a spiegare perché questa condizione stia diventando molto più comune”, afferma il ricercatore senior Farshid Guilak, professore di chirurgia ortopedica.
I cambiamenti nel carico meccanico che si verificano con l’obesità non sembrano essere i principali fattori di rischio per l’artrite. A svolgere un ruolo determinante è, invece, l’infiammazione: nei topi obesi, come nei loro figli e nipoti, erano presenti quantità più elevate di cellule infiammatorie, chiamate citochine, collegate a una varietà di problemi, tra cui l’artrite. “Consumare una dieta ricca di grassi cambia il modo in cui funzionano i geni e questo viene quindi trasferito alle generazioni successive”, conclude Guilak.
(ANSA).

Olio di pesce, cavolo e spinaci contro sintomi osteoartrite

È con piccoli cambiamenti nella dieta quotidiana che si possono contrastare almeno in parte i sintomi dell’osteoartrite, la forma di artrite più diffusa al mondo e di cui si stima soffriranno entro il 2050 130 milioni di persone. Ad esempio, un grammo di olio di pesce al giorno potrebbe aiutare a ridurre il dolore ma anche il consumo di alcuni cibi che contengono vitamina K, come cavolo, spinaci e prezzemolo può portare benefici.

Lo rileva uno studio dell’Università del Surrey, pubblicato sulla rivista Rheumatology, che ha esaminato 68 ricerche precedenti sul tema della dieta e della gestione di questa patologia. Dall’analisi è emerso che un supplemento di olio di pesce a basse dosi potrebbe portare una riduzione del dolore nei pazienti e contribuire a migliorare la loro salute cardiovascolare.

Gli acidi grassi essenziali presenti nell’olio di pesce riducono infatti l’infiammazione delle articolazioni, contribuendo ad alleviare i fastidi. Non solo: secondo i risultati dell’esame dei dati anche una riduzione del peso nei pazienti che sono obesi o in sovrappeso, introducendo degli allenamenti specifici su misura per la mobilità, potrebbe attenuare i sintomi. Adottare uno stile di vita più sano – rilevano ancora gli studiosi- può servire anche a ridurre i livelli di colesterolo nel sangue, che se alti sono legati proprio all’osteoartrite.

Si è inoltre riscontrato che un aumento nella dieta degli alimenti ricchi di vitamina K può fare bene. La vitamina K è necessaria – evidenziano i ricercatori – per le proteine che vi dipendono, che si trovano nell’osso e nella cartilagine. Un apporto inadeguato di questa vitamina ne influenza negativamente il funzionamento, con conseguenze sulla crescita ossea e sulla riparazione.

(ANSA)

Parkinson, un ‘vecchio’ farmaco potrebbe frenare la malattia

Un farmaco in uso per un problema della prostata molto comune (l’ipertrofia prostatica benigna, ovvero l’ingrossamento della ghiandola prostatica) potrebbe rallentare il decorso del morbo di Parkinson, ostacolando la neurodegenerazione e la perdita di cellule nervose: potrebbe addirittura prevenire la malattia.

È la speranza che arriva da un lavoro sul Journal of Clinical Investigation, di scienziati della University of Iowa che stanno allestendo una prima sperimentazione clinica su pazienti con Parkinson con il farmaco (Terazosina), proprio in virtù del fatto che, essendo già in uso, ha già “dalla sua” tantissimi dati di sicurezza.

Gli esperti hanno compreso il potenziale della molecola vedendo che ha un’azione su un enzima importantissimo per il benessere delle cellule, ‘PGK1‘, che serve per produrre energia. Disfunzioni a suo carico sembrano avere un ruolo nei processi neurodegenerativi. Di qui l’idea di testarlo su animali con Parkinson.

«Quando abbiamo testato il farmaco su vari modelli animali di malattia, tutti hanno manifestato dei miglioramenti – ha spiegato Lei Liu, uno degli autori. La coordinazione motoria degli animali è migliorata e contemporaneamente anche i segni molecolari della neurodegenerazione». Gli esperti hanno visto che il farmaco preveniva la neurodegenerazione se somministrato prima dell’esordio della malattia; rallentava o fermava del tutto i processi neurodegenerativi se somministrato dopo il loro esordio.

Gli esperti hanno infine esaminato un database di pazienti con Parkinson vedendo che chi assumeva Terazosina per la prostata mostrava una prognosi migliore rispetto a coloro che assumevano, un altro farmaco per la prostata con differente meccanismo d’azione. Il prossimo passo è dunque testare la Terazosina su pazienti con Parkinson per vedere se il farmaco è in grado di migliorare il quadro della malattia e rallentarne il decorso.

(ANSA)
Art di Federfarma.it

Pelle secca.. Addio !

Usare cosmetici adatti è un ottimo inizio per combattere la pelle secca del viso e anche del corpo. Ma non basta, anche in questo caso occorre fare cultura e insegnare alcune ritualità che possono migliorare la salute della pelle, rendendola meno opaca e più morbida.

Innanzitutto la detersione, che va sempre fatta con acqua tiepida, mai troppo calda, utilizzando detergenti non schiumogeni. Per la pelle secca è sempre da preferire un latte detergente rispetto a un gel o a un’acqua micellare, se non quelle specifiche. Il Latte detergente invece, utilizzato con un batuffolo di cotone è perfetto.

Il consiglio ulteriore è quello di non utilizzare l’acqua del rubinetto, spesso troppo ricca di calcare e di cloro. Al posto di questa, il consiglio è quello di utilizzare ad esempio dell’acqua termale o un tonico specifico per rimuovere i residui del latte detergente.

Se la pelle tende alla cheratosi, all’esfoliazione, per la detersione è ottimale utilizzare oli vegetali , a temperatura ambiente o leggermente caldi, da utilizzare anche sul corpo prima del bagno o della doccia.

Stesso discorso vale per le mani, che tendono spesso ad essere molto secche: per questo è meglio limitare la frequenza del lavaggio e l’utilizzo di detergenti aggressivi.

Come spiega Giulia Penazzi nel suo libro Come sono fatti i cosmetici, per le pelli che tendono ad essere secche, sono da preferire come cosmetici le emulsioni più leggere tipo olio in acqua, ricche di oli vegetali, fattore idratante naturale ricostituito e urea. Per le pelli invece molto secche si consigliano anche emulsioni acqua in olio, grazie alla loro caratteristica filmogeno-protettiva nei casi di arrossamento e irritazione.

Per le mani invece, in caso di secchezza eccessiva ed esfoliazione, è meglio utilizzare prodotti specifici con oli minerali o oli vegetali e concentrati ad azione barriera.

Mai dimenticare il consiglio di un Omega 6 o 9, quale la borragine o la la perilla. L’azione interna infatti di questi Omega aiuta tantissimo in caso di pelle secca, anche del bambino.

Depressione.. quando Omega-3 e folati migliorano le cure

Non è dimostrato che compresse di magnesio possano essere di beneficio per la salute mentale, mentre è confermata l’efficacia di integratori di Omega-3 come trattamento complementare contro la depressione e dei supplementi di folati per grave depressione e schizofrenia.


Sono le principali conclusioni della più estesa rassegna al mondo dei supplementi nutritivi in psichiatria, condotta dall’Istituto di Ricerca sulla Salute dell’Università di Western Sydney. La ricerca, guidata dal docente di salute mentale integrativa Jerome Sarris e appena pubblicata sulla rivista World Psychiatry, ha analizzato i dati di più di 10 mila persone con disturbi di salute mentale, raccolti attraverso 33 sperimentazioni randomizzate.


«Mancano prove convincenti che i supplementi di magnesio aiutino nel trattamento di qualsiasi disturbo mentale», scrive Sarris. «Benché la deficienza di magnesio tenda a essere più comune in persone con condizioni psichiatriche, non è provato che il minerale sia di aiuto al trattamento», aggiunge. Ci sono invece evidenze più solide sull’uso di supplementi di omega-3 per il trattamento della depressione. Usate in combinazione con antidepressivi, li rendono più efficaci rispetto alla somministrazione dei soli farmaci.

Alcuni studi indicano inoltre che ci siano modesti benefici nel trattare i sintomi di disturbo dell’attenzione, ma non nel trattare schizofrenia o altre condizioni. Infine i folati sarebbero d’aiuto associati alle cure per grave depressione e schizofrenia. L’analisi ha inoltre osservato evidenze emergenti sull’utilità dell’integratore N-acetilcisteina nel trattamento di disturbi dell’umore e della schizofrenia. (ANSA)

ART. di Federfarma.it

Gambe pesanti? Valutiamo lo stile di vita

Mi alzo dal letto e mi ritrovo le gambe pesanti come se la mia corsa mattutina giornaliera l’avessi già fatta nei miei sogni. Decido di indossare comunque le scarpette da running ed esco, generando passo dopo passo una riattivazione naturale del mio microcircolo, una sensazione di leggerezza sempre più dirompente, una piacevole voglia di aumentare il ritmo.

Si parla di insufficienza venosa quando si manifestano sintomi come gambe pesanti, formicolii e affaticamento, caviglie e polpacci gonfi con sempre più evidenti reticoli di capillari superficiali dilatati (teleangectasie), fino a comparire, nei casi più gravi, varici di alcuni tratti delle vene con aspetto nodoso e tortuoso. Lo stile di vita può migliorare notevolmente questa situazione: raramente l’insufficienza venosa, infatti, compare tra le persone normopeso che seguono, per abitudine, un’alimentazione ricca di fibre e povera di cibi raffinati. La scarsa concentrazione di fibre nella dieta da supermercato tipica dei prodotti raffinati lavorati dall’industria, infatti, induce uno sforzo maggiore della muscolatura intestinale per garantire l’evacuazione giornaliera, ostacolando il flusso in salita dalle gambe verso il cuore, il che può indebolire significativamente la parete dei vasi, generando vene varicose ed emorroidi, infiammazione intestinale e diverticoli. Via libera, dunque, alle fibre per chi soffre di problematiche vasali, sia quelle contenute in frutta fresca e verdura di stagione, ma anche quelle che ritroviamo in legumi e cereali integrali.

Tra gli alimenti particolarmente indicati per aumentare l’integrità delle pareti venose spiccano senza dubbio i piccoli frutti estivi ricchi di flavonoidi come ciliegie, frutti di bosco, mirtilli neri, more, ribes. Questi frutti sono ricchissimi di antocianidine, bioflavonoidi in grado di aumentare la resistenza dei piccoli vasi, contrastare la permeabilità capillare e ridurre le infiammazioni a carico del tessuto connettivo. Altri cibi molto ricchi di flavonoidi sono i chicchi integrali di grano saraceno e orzo, gli asparagi, la scorza degli agrumi, il vino rosso, la menta piperita: in essi, la rutina e la quercetina svolgono un ruolo importante nel rafforzamento delle pareti dei vasi, riducendo sintomi da sanguinamento e gonfiori agli arti inferiori.

Alcuni ultimi studi, hanno evidenziato che chi soffre di insufficienza venosa mostra una minor capacità di degradazione della fibrina, una sostanza che interviene nella coagulazione nel sangue. E’ dunque buona abitudine aumentare il consumo di alimenti che favoriscono l’attività fibrinolitica del sangue (ossia di degradazione della fibrina): peperoncino, aglio, cipolla, zenzero, ananas, radicchio e ortaggi della famiglia delle crucifere, come broccolo, cavolfiore, broccoletti di Bruxelles contengono flavonoidi e vitamina C, dotati di proprietà vaso-protettrici e antinfiammatorie.

Per chi soffre di problematiche al microcircolo, è fondamentale non trascurare l’attività fisica, evitando così lo stazionamento per lungo tempo e la sedentarietà. In particolare, la camminata, la pedalata in bicicletta, il jogging e il nuoto risultano utili per la contrazione dei muscoli del polpaccio che spinge il sangue accumulato in circolo; la respirazione profonda, inoltre, grazie al movimento aspirante del diaframma, facilita il ritorno del sangue ed evita i ristagni. La mia corsa leggera giornaliera è stata fatta, mi preparo i mirtilli che userò come spuntino e sono pronta per la giornata, buon lunedì di fine luglio a tutti!

 

ART. di FARMACISTA33.it